La Chiesa dei SS. Niccolò e Cataldo si affaccia sul piazzale del Cimitero, tra il giardino monumentale e l’ex Convento degli Olivetani.
Il tempio in questione è uno degli esempi più noti e importanti dell’arte romanica pugliese, grazie alla presenza di uno splendido portale riccamente decorato, del rosone centrale e di otto elegantissime statue raffiguranti santi e uomini di chiesa.
La costruzione della chiesa è attribuita al conte di Lecce Tancredi d’Altavilla il quale, scampato a un naufragio nelle acque dell’Adriatico, decise di dedicare una chiesa e il monastero attiguo al protettore dei naviganti San Nicola di Myra e al patrono di Taranto San Cataldo.
Una volta terminati i lavori, nel 1180, decise di affidare il complesso ai Padri Benedettini: l’unica richiesta che fece loro fu quella di pregare per la salvezza della sua anima. Ben presto, l’edificio divenne meta di fedeli e pellegrini provenienti da ogni parte del Regno.
La chiesa, voluta fortemente e fatta erigere da Tancredi, presentava una struttura essenziale e compatta, caratterizzata da una chiara impronta bizantina e da una splendida facciata in stile romanico, con la presenza di un grande rosone centrale. Il portale è un capolavoro senza eguali, ulteriormente impreziosito dalla presenza di quattro ordini di decorazioni. Foglie d’acanto, fiori e arabeschi finemente cesellati rendono la pietra del portale molto simile a un oggetto d’oreficeria.
Nel 1494, ai Benedettini subentrarono i monaci Olivetani, i quali decisero di ricostruire il convento e di ampliare la chiesa. I lavori furono affidati a Gabriele Riccardi, che progettò un coro nuovo di zecca e ordinò la creazione di un nuovo ciclo di affreschi.
Insieme alla parte interna, anche la facciata fu modificata e arricchita. L’aggiunta più importante fu quella delle otto statue di santi poggiate su altrettante mensole. Sulla facciata compare anche lo stemma della congregazione degli Olivetani. Il rosone e il portale medievali, invece, furono lasciati così com’erano, con l’intento di preservare il più possibile la memoria di Tancredi che, oltre tre secoli prima, aveva consegnato il complesso alla cittadinanza.
Gli interni presentano un impianto a tre navate, separate da colonne quadrilobate, che sostengono volte a crociera e a botte. Nella parte centrale della chiesa si erge la cupola, che esternamente assume forma ottagonale. Anche la parte interna è ricchissima di decorazioni, tra affreschi, capitelli corinzi e motivi bizantini, latini e arabi. Pur essendo un coacervo di stili e culture diversi, il tutto riesce a fondersi creando un insospettabile equilibrio.
Da non perdere gli affreschi che decorano la lunetta collocata al di sopra del portale d’ingresso, raffiguranti la Vergine col Bambino, e quelli del portale laterale, che ripercorrono la vita di San Nicola. Sotto la lunetta affrescata del portale è presente un’epigrafe che celebra Tancredi d’Altavilla e sottolinea la fugacità della vita. Degli splendidi affreschi tardo-gotici, invece, resta soltanto qualche frammento.
Di grande importanza storico-artistica sono la statua dedicata a San Nicola e le acquasantiere scolpite direttamente nelle colonne, progettate da Gabriele Riccardi.
Attualmente, la chiesa è di proprietà del Comune di Lecce ed è gestita dal FAI (Fondo Ambiente Italiano), che si occupa di renderla fruibile al pubblico.
La chiesa dei SS. Niccolò e Cataldo è tra le poche testimonianze della Lecce medievale. Questo perché, a partire dal 1500, la città cambiò radicalmente volto, impreziosita da decine di architetture rinascimentali e barocche, che tuttora la rendono unica nel panorama artistico italiano. Sebbene l’architettura abbia modificato radicalmente il volto della città tra il XVI e il XIX secolo, la struttura urbana è rimasta pressoché immutata rispetto ai secoli precedenti, caratterizzata com’è da fitti isolati tipicamente medievali.
Tancredi d’Altavilla, primo conte di Lecce nonché ultimo re normanno del Regno di Sicilia, decise di dare un nuovo volto alla città, da poco assediata e saccheggiata dal suo stesso zio Guglielmo il Malo. Nonostante quanto fatto per la comunità leccese, Tancredi visse un’esistenza colma di amarezze, scontando il fatto che fosse ritenuto il figlio illegittimo di Ruggero III di Puglia ed Emma dei Conti di Lecce. Valido condottiero ed esule per diversi anni in Grecia, morì nel 1194 e non fu mai sepolto nella chiesa che aveva consegnato alla sua città adottiva, Lecce. Ancora oggi, però, la Chiesa dei SS. Niccolò e Cataldo è nota come Tempio di Tancredi, a conferma del fatto che la sua memoria non è mai andata perduta.
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