Lecce è una città dalle mille sfaccettature dove, vagando nel suo bellissimo centro storico, si incontrano edifici di epoche e stili diversi, dunque non solo il celebre barocco leccese.
L’Anfiteatro Romano è una dimostrazione della ricchezza storica di Lecce e non a caso è stato oggetto di un approfondimento durante la puntata “Meraviglie-La Penisola dei Tesori”, andata in onda su Rai 1.
Alberto Angela, in una puntata di “Meraviglie – La Penisola dei Tesori” dedicata anche alla Puglia, si è soffermato sul Salento e su Lecce in particolare. Ha narrato aneddoti, leggende e curiosità sui suoi monumenti, soffermandosi soprattutto sull’Anfiteatro Romano che oggi si può ammirare nella centralissima Piazza Sant’Oronzo.
Il racconto è coinvolgente e, anche con l’aiuto della testimonianza di Giuliano Sangiorgi (cantante del gruppo salentino Negramaro), coinvolge il telespettatore in un’epoca lontanissima quando Lecce era Lupiae, conquistata dai Romani e divenuta loro municipio nell’89 a.C.
La costruzione dell’anfiteatro è stata voluta da Ottaviano che, disgustato dallo stato di Roma dopo l’uccisione di Cesare da parte di Cassio e Bruto, si rifugia proprio nell’antica Lupiae. Per ringraziare dell’ospitalità ricevuta, finanziò una serie di opere architettoniche, tra cui appunto l’anfiteatro e il piccolo teatro ancora visibile in Via Arte della Cartapesta.
L’Anfiteatro Romano che oggi si ammira in Piazza Sant’Oronzo è solo 1/3 dell’effettiva struttura, il resto della quale è ancora sepolta sotto la grande pavimentazione della piazza e della cinquecentesca Chiesa di S. Maria delle Grazie.
È stata la costruzione della Banca d’Italia a far venire alla luce le prime tracce di quello che si sarebbe rivelata una delle più grandiose opere romane dell’Italia del sud.
L’Anfiteatro Romano presenta una pianta chiaramente ellittica e ancora oggi si scorgono i suoi materiali di costruzione, ovvero la pietra leccese e il tufo dei pilastri (oggi ne sono rimasti 24) che sorreggevano le 68 arcate.
Le monumentali vestigia dell’anfiteatro si trovano a 8 m di profondità e rivelano ancora oggi, oltre ai pilastri, le gallerie sottostanti e due gradinate. Si pensa che in origine ci fosse un bellissimo portico al secondo livello, decorato con lo stesso marmo pentelico che formava il podio. Il parapetto della stessa arena presentava, invece, dei decori in rilievo raffiguranti vivaci scene di venationes e di feroci lotte tra animali.
I frammenti di questo balteus sono custoditi nel Museo Sigismondo Castromediano, assieme alla testa di Efebo e alla bellissima scultura dell’Amazzone ferita, anch’esse rinvenute durante gli scavi dell’Anfiteatro Romano.
Questa grandiosa opera era destinata a una delle passioni degli antichi Romani, ovvero le lotte tra i gladiatori, ma anche a quelle contro le fiere. Queste ultime venivano fatte arrivare per mare, sbarcando al porto di San Cataldo voluto dall’imperatore Adriano, andato ormai perduto.
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